Cassazione: NO al riconoscimento di paternita' al padre prevaricatore... indipendentemente dalla sua nazionalita'!
di Avv. Michela Nacca
contro la difesa di una idea paternalistica della genitorialita' - bigenitorialita', che sta spesso influenzando e distorcendo la Giustizia di merito italiana, in particolare i procedimenti di affido dei minori ancora e da anni concessi anche a padri pericolosi condannati per violenza, segnaliamo una recente importante Ordinanza di Cassazione della Prima sez. civile, la n.18600 depositata il 30 giugno 2021, risalente al 19 aprile 2021.
Una Ordinanza che, ancora una volta, sconfessa e non avalla la distorsione italiana, sopra indicata, che oggi ancora caratterizza i Tribunali Ordinari, Tribunali per i Minori e le Corti di Appello italiane ! (in fondo la Ordinanza originale)
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Il procedimento di Cassazione, che ha visto anche la partecipazione della Sostituta Procuratrice Generale in Cassazione Dottoressa
Francesca Ceroni, termina con una Ordinanza che cassa i provvedimenti di riconoscimento di paternita' di una bambina, gia' concessi in primo grado di Giudizio e confermati contro l'opposizione del madre dalla Corte di Appello di Venezia, ad un uomo tendialmente violento e prevaricatore.
La Corte di Appello veneta aveva ritenuto non sussistente "il rischio di un pregiudizio concreto e attuale per la minore" derivante dal riconoscimento paterno e cio' nonostante fatti gravi prodotti in Giudizio e dimostrati dalla madre della bambina, riguardanti i comportamenti dell'uomo, che tuttavia dalla Corte di Appello erano state ritenuti «al piu' ... situazioni che interessavano la madre (memore del tentativo di farle interrompere la gravidanza) e non la minore» .
Avverso la sentenza d'appello la donna ha proposto ricorso in Cassazione deducendo:
1. violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 cpc dell'art.3 della Convenzione di NY del 1989, recepita con L.176/91
2. motivazione contraddittoria e omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 n.5 cpc rappresentato dalla condotta minacciosa e violenta attuata dall'uomo sia contro i famigliari che la minore stessa.
3. La violazione e falsa applicazione dell'art. 116 cpc, per aver la Corte di merito deciso senza tener conto delle prove orali e documentali ammesse in primo grado.
In definitiva il giudice di merito aveva omesso di esaminare, secondo la difesa materna, fatti decisivi contrari all'interesse del minore al riconoscimento: ovvero la condotta minacciosa e violenta attuata dall'uomo sia contro i famigliari sia contro la figlia stessa.
L'uomo non solo aveva tentato di costringere la madre di sua figlia ad interrompere la gravidanza, non solo aveva abitudini di vita e lavorative precarie, ma soprattutto usava minacciare la donna di portarle via la bambina.
Riteniamo di alcuna rilevanza la precisazione - aggiunta da vari blog giuridici - secondo la quale l'uomo fosse di religione musulmana: una aggiunta inesistente nell'Ordinanza utile solo a suggerire implicitamente una fuorviante informazione, quasi a far intendere che la Cassazione avesse voluto in realta' condannare solo una certa mentalita', coincidente con una certa religiosita' e dunque non applicabile a uomini italiani non musulmani.
Ma cosi non e'...perche' la Cassazione nulla ha detto della religiosita' o nazionalita' dell'uomo: segno che non siano queste le circostanze o le aggravanti volte ad escludere il riconoscimento.
Viceversa le argomentazioni opposte dalla Cassazione
contro la concessione del riconoscimento riguardano solo ed esclusivamente i suoi comportamenti prevaricanti e violenti, che di sicuro con la concessione del riconoscimento avrebbero compromesso la serenita' familiare della bambina.
La Cassazione nella Ordinanza scrive che Il giudice, nel decidere in merito al riconoscimento, debba procedere ad un accertamento concreto dell'interesse del minore tenendo conto delle vicende che lo riguardano, in quanto il provvedimento adottato deve avere l'effetto di garantire allo stesso uno "sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale".
"Il secondo riconoscimento ove vi sia opposizione da parte dell'altro genitore che per primo abbia proceduto al riconoscimento, puo' essere sacrificato solo in presenza di motivi gravi ed irreversibili, tali da far ravvisare la probabilita' di ua forte compromissione dello sviluppo armonico dal punto di vista psicofisico del minore (conf. Cass. 21099/2004 , Cass. 2878/2005 )".
Un altro aspetto fondamentale da rilevare e' che l'Ordinanza ritiene superato ormai l'orientamento secondo il quale tendenzialmente il secondo riconoscimento costituisca di per se' un vantaggio per il minore. Sicche' gli Ermellini scindono il diritto all'identita' con la verita' biologica, perche' cio' che conta e' la stabilita' delle relazioni familiari in essere: il benessere del minore non deriva dal riconoscimento biologico, ma dalle relazioni familiari instaurate, che non devono essere compromesse dal riconoscimento!
Gli Ermellini scrivono che, ai fini della valutazione della opportunita' del riconoscimento paterno,
viene richiesto lo studio della personalita' del richiedente il riconoscimento - e non certo lo studio della personalita' della madre gia' riconosciuta!
Qualora l'interesse del minore a uno sviluppo sano ed equilibrato rischi di essere pregiudicato, allora il diritto al riconoscimento del minore del genitore può essere sacrificato.
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