I ddl di cui è Relatore il Sen. Pillon disvelati dal CAM

10.12.2018

"Il Centro di sostegno agli uomini Maltrattanti disvela il senso fuoriviante e la matrice violenta dei ddl 735, 45, 118 e 768

"Il paradosso nella costruzione di questa legge è che sembra costruita da un maltrattante che nega la sua violenza e strategicamente vanifica ogni misura volta a farla emergere"

Facciamo nostra questa attenta e meditata valutazione espressa dal CAM (Centro di Aiuto ai Maltrattanti) nella sua relazione presentata in occasione della loro audizione del 13 novembre 2018, dinanzi la 2 Commissione Giustizia del Senato in merito alla riforma del sistema separativo e di affido dei figli minori proposto nei ddl 45, 118, 735 e 768.

La denuncia del CAM è forte e incisiva, derivata dalla attenta lettura dei ddl in questione ed ampiamente argomentata, non potendo che concludersi con una richiesta di ritiro dei medesimi ddl.

Roma, 13 Novembre 2018

Onorevole Presidenti, Onorevoli Senatori,

vi ringrazio dell'opportunità che ci è stata offerta oggi di portare il contributo sui disegni di legge n. 45, n. 118, n. 735 e n. 768 in materia di affido di minori, attualmente sottoposti all'esame della Commissione, con la possibilità di mettere a fuoco il punto di vista di un osservatorio particolare sulla violenza, quello degli uomini che la violenza la agiscono.

Abbiamo sentito dalle colleghe che mi hanno preceduto le preoccupazioni che la proposta di Legge pone per la sicurezza di donne e minori, ma io credo che questa legge danneggi anche gli uomini.

Partiamo dai dati: l'80% delle separazioni in Italia finisce come consensuale e di questi il 70% hanno un regime di affidamento condiviso. Cosa impedisce una maggiore condivisione dei tempi dei minori fra i genitori? Cosa cambierebbe per queste famiglie con la nuova legge? Si introdurrebbe un principio per cui non ci sarà più la possibilità del giudice di disporre con discrezionalità nelle situazioni, ma verrà applicato rigidamente un principio di obbligo nell'allocazione temporale, tipologia di soluzione, che al momento i genitori, prevalentemente i padri, non scelgono. Obbligare un padre a stare con un figlio mentre preferirebbe lavorare, costruirsi una nuova famiglia o giocare a tennis, è davvero nell'interesse del minore?

Se vogliamo costruire un progetto di bi-genitorialità non possiamo avviare questo processo dal momento di crisi e collasso.

Se vogliamo costruire una vera bi-genitorialità dobbiamo partire dai congedi parentali alternati (già quasi inesistenti nel nostro paese ed ulteriormente indeboliti dalla manovra della Legge di Bilancio). Dobbiamo pensare alla conciliazione, non intesa come "sostenere le donne nel conciliare famiglia e lavoro", ma bensì nell'aumentare i carichi di lavori di cura spostandoli sugli uomini. L'ISTAT ci dice che ancora nel nostro paese le donne sopportano la maggior parte del carico del lavoro di cura dei figli, ma anche dei genitori anziani. Questo dovrebbe essere condiviso e maggiormente distribuito fra uomini e donne. Lavorare in modo autentico sulla bi-genitorialità significa sostenere le politiche attive del lavoro per impedire che le donne perdano o rinuncino al lavoro dopo la nascita del primo figlio e per diminuire il tasso di disoccupazione femminile che è uno dei più alti d'Europa.

Ma passiamo a quel 20% di separazioni conflittuali. Cosa significa per questi casi il fatto che sia prevista una mediazione obbligatoria.

Noi sappiamo intanto che questo è in palese violazione della Convenzione di Istanbul, che sappiamo proibire la mediazione in situazioni di violenza.

Inoltre tipicamente il maltrattante negherà, minimizzerà ed attribuirà la responsabilità alla compagna, mentre, tipicamente, una donna maltrattata medierà, cercherà di proteggere se stessa ed i figli. In queste situazioni, sarà difficile, se non impossibile per il mediatore capire che in questa situazione c'è violenza e non sarà quindi possibile per lui fare una rilevazione, una valutazione del rischio e gli invii corretti. In parte questo risulta problematico perché la violenza è esclusa dalla mediazione e quindi rilevazione e valutazione del rischio non rientrano nella formazione di base dei mediatori.

Il problema è che lungi dall'essere un fenomeno residuale, la violenza rappresenta una violazione dei diritti umani molto frequente e comune (17% delle donne ha subito una violenza da un partner o ex-partner, secondo i dati ISTAT), ma è spesso nascosta dalla normalizzazione che i maltrattanti mettono in atto e di cui il contesto sociale rischia di diventare connivente.

Cosa aiuta gli uomini maltrattanti a riconoscere la violenza?

Gli uomini ci dicono che il modo in cui imparano a riconoscere la violenza è essere aiutati a vedere con lenti diverse ciò che considerano "normale" ed è invece violenza.

Hanno bisogno di essere aiutati a capire che quello che considerano "normale" sta danneggiando la relazione con i propri figli, che ciò che considerano "normale" deve cambiare ed è loro esclusiva responsabilità farlo.

Si crede e questa proposta di legge è informata da questa credenza che sia "l'assegno di mantenimento" e l'accesso negato ai figli che esaspera i padri in separazione.

Gli uomini che agiscono violenza sicuramente sottoscriverebbero questa idea, ma è una credenza falsa.

E' l'incapacità delle Istituzioni e del contesto sociale e giudiziario a riconoscere la violenza che esaspera le separazioni.

Se invece della mediazione prevedessimo uno screening per la violenza in tutte le situazioni di alta ed altissima conflittualità - ricordiamo che si tratta di una minoranza attorno al 20% - nella separazione, scopriremmo che nella maggior parte dei casi c'è violenza.

Le Istituzioni ed il sistema legislativo non possono declinare la responsabilità della violenza in separazione.

Una donna ha il 30% in più di possibilità di subire violenza quando è in corso una separazione, inoltre sappiamo che la separazione è un fattore di rischio e che un alto numero di donne uccise dal partner lo sono a seguito della decisione della donna di separarsi.

La violenza è sicuramente un fenomeno complesso che rifugge da semplicismi, ma dopo circa 40 anni di ricerca sappiamo come fare per interromperla.

Sarebbe sufficiente attenersi a 4 punti essenziali:

  • Fare emergere la violenza attraverso la rilevazione e creare le condizioni perché le persone si sentano sicure per parlare.

  • Rimando di illegittimità. La violenza non può essere minimizzata, negata o le responsabilità diluite. La violenza è un crimine, spesso con rilevanza penale.

  • Sanzionare. Se il comportamento è illegittimo deve essere sanzionato.

  • Attuare misure correttive: a partire dal principio che sia necessario proteggere le vittime, si devono poi attivare misure proporzionate alla violenza che contengano la violenza (arresto, misure di allontanamento, obblighi di dimora) ed infine per le situazioni meno a rischio si possono attuare strategie di controllo e supporto come possono essere i programmi per autori di violenza.

Questa legge mette l'accento non sul sanzionamento e contenimento della violenza e quindi ponendo delle chiare responsabilità bensì sul sanzionamento e contenimento di chi denuncia la violenza quando questa risulti "palesemente" infondata. Ma cosa significa giurdidicamente "palesemente infondata"? Come si può dimostrare che una accusa è "palesemente infondata"? Cosa ne determina "l'infondatezza"? L'assenza di referti? La maggior parte della violenza non lascia segni e quella psicologica sicuramente non lascia evidenze. Ma da cosa questa idea che le donne facciano false denuncie, se i dati ISTAT ci dicono che il 93% delle donne non denuncia le violenze subite.

Il paradosso nella costruzione di questa legge è che sembra costruita da un maltrattante che nega la sua violenza e strategicamente vanifica ogni misura volta a farla emergere.

Un ultimo punto riguarda il genitore maltrattante. Anche in questo caso in cui si riconosca la violenza e il pregiudizio per il minore, ancora si favorisce la bi-genitorialità alla tutela dei minori. La legge obbliga alla condivisione nelle scelte genitoriali anche in questo caso. Ma come è possibile che neanche la violenza diretta o assistita sui bambini meriti la sospensione genitoriale? No, quella viene riservata solo al genitore che pone le famose accuse "palesemente infondate".

Se un genitore è violento il suo diritto a vedere il bambino ed alla sua bi-genitorialità prevale sul diritto alla sicurezza del minore.

La legge struttura il concetto di alienazione in modo tale da attribuire eventuali difficoltà del bambino nella relazione con un genitore alle manovre dell'altro genitore, senza prevedere la possibilità di capire dal bambino stesso le motivazioni. In tal modo si violano tutti i trattati internazionali e nazionali che evidenziano la necessità dell'ascolto del minore e di renderlo parte attiva di tutti i procedimenti che lo riguardano.

I bambini, ci dice nell'articolo 12 della Convenzione di New York hanno il diritto di esprimere liberamente la propria opinione nelle questioni che lo riguardano e di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o ammnistrativa.

E' necessario nei procedimenit di separazione prevedere che i bambini possano essere visti, ascoltati e creduti.

Questa legge si pone in palese negazione dei diritti alla protezione dei minori, in palese negazione della Convenzione di Istanbul ed in palese violazione dei più elementari bisogni delle vittime e anche degli autori della violenza.

Questo progetto di legge non è migliorabile perché le fondamenta sono inquinate da una distorsione che impedisce l'emersione della violenza.


CHIAMACI AI SEGUENTI NUMERI:

+39 3470409004

 

mail:

avv.nacca@tiscali.it




SCRIVETECI  UTILIZZANDO  IL MODULO SEGUENTE



Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia