La terminologia dei bambini che denunciano abusi: uno studio dimostra che non plagiano ne' sono plagiati dalle madri protettive!

02.07.2021

di Avv. Michela Nacca

La teoria ascientifica Parental Aienation sostenuta dalla Psicologia Giuridica - parliamo della Parental Alienation Syndrome in seguito ridenominata Parental Alienation Disorder, successivamente solo Parental Alienation, Sindrome della Madre Malevola, "conflitto di lealta', "simbiosi" o "problema relazionale in famiglie ad alta conflittualita'" o in mille altre maniere di senso e sostanza analoghe - reinterpeta i racconti verbali dei bambini abusati intendendoli come verbalizzazioni frutto del plagio-maltrattamento materno.

Istillando un tale dubbio il racconto di abusi di un minore di qualsiasi eta' - e talvolta anche di ex minori ormai divenuti maggiorenni - anche se coerente e dettagliato viene automaticamente svilito: quel racconto, grazie alla teoria distorsiva Pas/Pa, diviene d'incanto e la prova provata non degli abusi raccontati dal minore ma della Pas/Pa/Alienazione Partentale/Plagio ossia di un presunto maltrattamento psicologico sul minore operato dalla madre manipolatrice che denuncia le violenze e gli abusi!

Giudici inesperti, superficiali o eccessivamente fiduciosi nella Psicologia/Psichiatria, finiscono per cadere nell'inganno, nel gaslighting giudiziale e processuale indotto dalla Pas/Pa - e non solo! - offrendo una eccessiva ed ingiustificata credibilita' a presunte teorie della Psicologia - in specie della Psicologia Giuridica - attribuendovi una certezza o una probabilita', un fondamento che esse in realta' non hanno. Giudici che non si allarmano del fatto che queste teorie presentano elementi di irrazionalita' e finiscono per distorcere lo stesso iter processuale con prassi violative di diritti costituzionali !

Affatto raramente dunque nei tribunali italiani oggi accade che bambini che raccontano chiari abusi sessuali subiti tuttavia vengano non creduti o considerati non credibili... che i racconti vengano derubricati a mere "fantasie", a "sogni" o "falsi ricordi" indotti da madri "isteriche", "narcisiste",   ""manipolatrici" o "maltrattanti" ...che le corrispondenti lesioni o i lividi anali e vaginali vengano considerate solo il frutto - non credibile- di eritemi da pannolino o di ragadi dovute a stipsi.... che i comportamenti ipersessualizzati di quei minori (sintomi di abuso!) siano riconsiderati contestualmente solo degli atteggiamenti istintivi o presunte esigenze sessuali del bambino...che persino le foto delle violenze vengano messe in discussione, finendo tutto nella spazzatura dell' "irrilevante"!

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Del resto nei procedimenti penali - e di affido dei minori - basta un solo dubbio sulla credibilita' della vittima o del testimone di abusi e delle violenze domestiche, e' sufficiente un solo dubbio sulla credibilita' del racconto,  per evitare la condanna di un pedocriminale o di un genitore violento e pericoloso, lasciando la piccola vittima nelle mani del suo carnefice e sottraendola al genitore protettivo!

Non solo la Pas/Pa potrebbe aver  contribuito alla rivittimizzazione di centinaia, forse migliaia di bambini - rimasti non ascoltati e se ascoltati non creduti dai Giudici penali e civili  italiani- ma a cio' si aggiungono ulteriori fattori:

- l'oggettiva difficolta' delle vittime di fornire prove documentali delle violenze domestiche o degli  abusi incestuosi subiti:  in quanto tali violenze non solo avvengono nelle 4 mura delle case, rimanendo invisibili anche ai vicini, ma anche per la scarsa disponibilita' delle vittime ad accedere a strumenti di videoregistrazione idonei.

- Poi vi sono i  fattori  psicologici che impediscono alle stesse vittime di dotarsi anticipatamente di prove da allegare alle denunce: le vittime infatti sono generalmente  convinte - in modo fuorviante - che alla acquisizione delle  prove - con video registrazioni ed intercettazioni ambientali - ci penseranno le Procure dopo la loro denuncia!

- L'assenza pressocche' totale, nei casi di denunce per violenze domestiche e abusi incestuosi,  di indagini serie e mirate da parte delle Procure, ossia  condotte  con intercettazioni ambientali.

- I gravi pregiudizi culturali ancora esistenti e persistenti anche  nei tribunali  verso donne e minori, ritenuti non credibili a prescindere. Si tratta di pregiudizi e stereotipi che sono stati rafforzati da varie teorie della Psicologia Giuridica - tra cui la Pas/Pa, la cd "sindrome dei falsi ricordi" ,  la teoria sulla mancata memoria e mancata capacita' critica dei minori ecc.

Pregiudizi giudiziali   dimostrati dal recente studio STEP condotto dall'Universita' della Tuscia con una rete di Centri  Antiviolenza.

Anche l'Europa e la Corte EDU hanno recentemente  condannato piu' volte l'Italia a causa dei pregiudizi contenuti nelle sentenze di assoluzione o riscontrati  nei provvedimenti  di archiviazione di denunce di violenza domestica pur fondate e provate!

Ma e' proprio vero che i bambini quando raccontano gli abusi in realta' ripeterebbero affermazioni materne distorte?


In USA, Canada , Australia ed Europa  sono stati   effettuati  studi a tal proposito...e la risposta e' NO!

Qui di seguito  indico tre studi europei - alcuni coinvolgenti anche l'Italia.

 

Il piu' importante e' quello di Jane Callaghan,  Lisa Chiara Fellin, Stavroula Mavrou, Joanne Alexander e Judith Sixsmith. Hanno studiato i modelli di rivelazione dei bambini nei casi di violenza domestica  in "The Management of Disclosure in Children's Accounts of Domestic Violence: Practices of Telling and Not Telling" J Child Fam Stud (luglio 2017), 26: 3370-3387 at 3375-8   (v. in   https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29176928/ ).

Lo studio documenta contestualmente  cosa i bambini pensano quando decidono se rivelare o meno un abuso subito. L'articolo e' basato su interviste con i bambini ed è scritto dal punto di vista dei bambini.

Dallo studio emerge  che dai bambini ci si può aspettare che usino la stessa terminologia che usa il genitore protettivo: ma cio' NON significa affatto che  sia plagiato o che il bambino  plagi il genitore protettivo, essendo dovuto a molte altre ragioni legittime che NON tolgono credibilita' alla denuncia ed al racconto stesso di abusi, in alcun modo!

In altre parole, l'uso della stessa terminologia che usa il genitore protettivo non è suggestivo di coaching ne' prova il plagio, ne' la alienazione parentale, ne' la manipolazione, ne' qualsiasi altra forma di abuso della madre !

L'ABSTRACT dell'articolo evidenzia:


"I bambini e i giovani che subiscono violenza domestica sono spesso rappresentati come testimoni passivi, troppo vulnerabili per raccontare le storie delle loro vite.

Questo articolo riporta i risultati di un progetto di ricerca europeo di 2 anni (Understanding Agency and Resistance Strategies, UNARS) con bambini e ragazzi in Grecia, Italia, Spagna e Regno Unito, che hanno subito violenza domestica. Esplora la comprensione dei bambini e dei ragazzi della loro capacità di riflettere e rivelare le loro esperienze.

Sono stati analizzati gli estratti delle interviste individuali con 107 bambini e ragazzi (età 8-18). Vengono presentati tre temi che illustrano le strategie dei bambini e dei ragazzi per gestire la divulgazione:

(1) "Essere messi a tacere o scegliere il silenzio?", esplora le pratiche di auto-silenzio di bambini e ragazzi;

(2) "Gestire le rivelazioni: Finding ways to tell" delinea il modo in cui i bambini e gli adolescenti danno valore all'espressione di sé e le strategie che utilizzano per rivelare in modo sicuro;

e in (3) "Speaking with many voices" considera come i resoconti di bambini e adolescenti sulle loro esperienze siano costituiti in modo relazionale e siano spesso polivocali.

L'articolo conclude che i bambini e i ragazzi possono essere comunicatori articolati, strategici e riflessivi, e che un buon supporto alle famiglie che lottano contro la violenza domestica deve permettere di dare spazio alla voce dei bambini e dei ragazzi.

Questo è possibile solo in un quadro integrato in grado di comprendere più livelli e prospettive, piuttosto che privilegiare il punto di vista degli adulti.

Gli operatori che lavorano con le famiglie colpite dalla violenza domestica devono riconoscere che i bambini e i giovani sono in grado di riflettere e parlare delle loro esperienze. Ciò richiede che si presti attenzione alla complessità delle pratiche comunicative dei bambini e dei giovani e al contesto relazionale di tali comunicazioni.


Vedasi anche i seguenti articoli

Jane E M Callaghan,   Joanne H Alexander,  Judith Sixsmith , Lisa C Fellin ,  Children's experiences of domestic violence and abuse: Siblings' accounts of relational coping (2016)


Abstract
Questo articolo esplora come i bambini vedono le loro relazioni, in particolare quelle tra fratelli, nelle famiglie colpite dalla violenza domestica (DV) e come la relazionalità emerge nei loro resoconti come una risorsa per costruire un senso di sé. La "voce" dei bambini è largamente assente dalla letteratura sulla DV, che tipicamente li ritrae come passivi, danneggiati e relazionalmente incompetenti. La comprensione da parte dei bambini dei loro mondi relazionali è spesso trascurata, e di conseguenza, i modelli esistenti delle interazioni sociali dei bambini danno un resoconto inadeguato della loro creazione di significato nel contesto. Attingendo da uno studio più ampio sulle esperienze dei bambini di DV e abuso, questo articolo utilizza due studi di caso di relazioni tra fratelli per esplorare l'uso che i giovani fanno delle risorse relazionali per affrontare la violenza in casa. L'articolo esplora come la relazionalità e il coping si intrecciano nei resoconti dei giovani e scardina l'assunto scontato che il "prematuro accudimento" o la "genitorialità" dei bambini sia (solo) patologico nelle risposte dei bambini alla DV. Questo ha implicazioni per la comprensione delle esperienze dei giovani nel presente e per sostenere la loro capacità di costruire relazioni in futuro.


Jane E M Callaghan, Joanne H Alexander, Judith Sixsmith, Lisa Chiara Fellin, Beyond "Witnessing": Children's Experiences of Coercive Control in Domestic Violence and Abuse ( 2018 )

Abstract

Le esperienze e le voci dei bambini sono sottorappresentate nella letteratura accademica e nella pratica professionale sulla violenza domestica e gli abusi. Il progetto "Understanding Agency and Resistance Strategies" (UNARS) affronta questa assenza, attraverso il coinvolgimento diretto dei bambini. Presentiamo un'analisi delle interviste a 21 bambini del Regno Unito (12 ragazze e 9 ragazzi, di età compresa tra gli 8 e i 18 anni), sulle loro esperienze di violenza domestica e abuso, e sulle loro risposte a questa violenza. Queste interviste sono state analizzate usando l'interazionismo interpretativo. Vengono presentati tre temi di questa analisi:

(a) "Esperienze di controllo abusivo da parte dei bambini", che esplora la consapevolezza dei bambini del comportamento di controllo da parte dell'adulto autore della violenza, la loro esperienza di tale controllo e il suo impatto su di loro;

(b) "Vincolo", che esplora come i bambini sperimentano il vincolo associato al controllo coercitivo in situazioni di violenza domestica;

e (c) "Bambini come agenti", che esplora le strategie dei bambini per gestire il comportamento di controllo nella loro casa e nelle relazioni familiari.

L'articolo sostiene che, nelle situazioni in cui la violenza e l'abuso si verificano tra partner intimi adulti, i bambini sono significativamente colpiti e possono essere ragionevolmente descritti come vittime del controllo abusivo. Riconoscere i bambini come vittime dirette della violenza domestica e dell'abuso produrrebbe cambiamenti significativi nel modo in cui i professionisti rispondono a loro, (a) riconoscendo l'esperienza dei bambini dell'impatto della violenza domestica e dell'abuso; (b) riconoscendo il ruolo dei bambini, minando la percezione di loro come "testimoni" passivi o "danni collaterali" negli incontri di abuso degli adulti; e (c) rafforzando le risposte professionali a loro come vittime dirette, non come testimoni passivi della violenza.



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